Chi perde le staffe per le tasse cannibali?

Vita, libertà e proprietà diventano sempre più l'oggetto di cui si occupano i governi

28 Dicembre 2014

Italia Oggi

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Un’intera comunità, da decenni, ha perso ogni contatto con la sostanza dei suoi problemi, tanto da non saperli neanche più riconoscere. Sorda ai suoi stessi diritti, divertita dagli scandali, in balia dei comici militanti, s’abbandona masochisticamente, oltre che voyeuristicamente, alla contemplazione della scena politica.

… il lungo dibattito novecentesco è sempre sui ruoli e i compiti dello Stato: come se la filosofia politica spicciola e circolante vuoi nelle accademie, vuoi fra la popolazione generale fosse in grado di restringere o allargare le competenze del governo. Vi è davvero un aspetto profondamente ingenuo che accomuna quasi tutti coloro che dialogano professionalmente intorno alla cosa pubblica: la credenza che il dibattito sia destinato prima o poi a generare di per sé risultati. Come se il consenso all’ampliamento o alla diminuzione del raggio d’azione del governo sia ciò che spiega il moto della moderna statualità» (Luigi Marco Bassani, Bruno Leoni nel labirinto liberale: un itinerario politico, introduzione a Bruno Leoni, Opere complete. V: Liberalismo e storia del pensiero politico, IBL 2014).

Suprema virtù d’un leader, in questo paese sventurato, non è la ragionevolezza o l’amore per la verità ma la telegenia. Non importa che sappia quel che dica, e non importa neppure che scherzi o dica sul serio, né che menta o sia sincero.
Nel paese delle mafie e dei festival canori, a un leader è sufficiente saper «comunicare», e se poi non è un comunicatore mediocre, che racconta le sue balle senza convinzione, ma è «un grande comunicatore», che racconta barzellette con una certa abilità o che fa la sua figura con o senza la cravatta… be’, allora vai con gli applausi degli opinionisti incravattati e con i voti a vanvera dei consumatori di gossip politico. Nel paese in cui le barzellette sono così formative da trasformare i freaks della cultura in maitre à penser, nei sondaggi cresce la stella del politico che s’è fatto fotografare ignudo con una cravatta verde sul petto villoso. In un paese civile costui uscirebbe ipso facto di scena: a un politico si può perdonare tutto, anche il furto, persino la bisboccia coi soldi vostri e miei, ma il ridicolo no… al ridicolo non c’è rimedio, il ridicolo non si perdona. Invece da noi il clown cresce nei sondaggi.

«…il Novecento ha visto esplodere per poi esaurirsi progressivamente le pretese governative di sangue dei cittadini. Successivamente è cresciuta a dismisura la curva della pretesa di danaro. E non sembra certo un caso se le due curve tocchino i propri zenit in periodi diversi: la prima metà del secolo vede il massimo attacco alla vita, mentre dalla seconda in poi inizia progressivamente un movimento per la spoliazione delle ricchezze prodotte. E con questo si celebra il definitivo fallimento del liberalismo classico: lo Stato, che John Locke e decine di pensatori liberali dopo di lui immaginavano come il garante di vita e proprietà dei singoli, si rivela il massimo produttore prima di vedove e orfani, poi il massimo distruttore di ricchezza. Vita, libertà e proprietà, lungi dall’essere considerati super-diritti indisponibili da parte del potere politico (come voleva la dottrina del diritto naturale) diventano sì l’oggetto di cui si occupano i governi, ma più sul versante della distruzione che della protezione» (Luigi Marco Bassani, Bruno Leoni nel labirinto liberale: un itinerario politico, introduzione a Bruno Leoni, Opere complete. V: Liberalismo e storia del pensiero politico, IBL 2014).

Si parla di scandali, però mai dello scandalo vero. Non c’è giornalista (e addirittura non c’è politico, a dimostrazione che il fondo del barile della vita pubblica rimane insondabile come l’orizzonte d’un buco nero) che non ostenti indignazione di fronte alle ruberie: sfruttamento dei clandestini e dei campi rom, appalti tarocchi, malversazioni, frodi, persino qualche omicidio a scopo d’intimidazione. C’è chi strilla come un’aquila anche per «gli scontrini». Però lo scandalo vero niente, non indigna nessuno.

Chi perde le staffe per le tasse cannibali? Nessuno chiama la polizia affinché provveda a incarcerare i gabellieri che assassinano l’economia dell’intera nazione e avvelenano la vita dei contribuenti di tutte le età e condizioni sociali? Non c’è un solo magistrato, tra tanti magistrati d’assalto, che indaghi su Equitalia e sui racket politici che da decenni impongono-il pizzo con mezzi via via più violenti e più infami all’intera comunità.
«Esisteva nei fatti un programma di emancipazione degli individui e la promessa era chiara: lo Stato avrebbe liberato gli individui da tutto fuorché da se stesso»» (Luigi Marco Bassani, Bruno Leoni nel labirinto liberale: un itinerario politico, introduzione a Bruno Leoni, Opere complete. V: Liberalismo e storia del pensiero politico, IBL 2014).

Da Italia Oggi, 28 dicembre 2014

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