Buone ragioni per seguire il “modello tedesco” contro il caro energia

Grazie al “freno ai prezzi”, le famiglie e le piccole imprese tedesche godranno di un tetto al prezzo dell'energia

4 Gennaio 2023

Il Foglio

Carlo Stagnaro

Direttore Ricerche e Studi

Argomenti / Ambiente e Energia

Mentre i prezzi del gas e dell’energia elettrica continuano a calare, i tecnici del ministero dell’economia studiano un meccanismo per rendere più selettivi gli sconti a carico della finanza pubblica. Lo ha annunciato il ministro Giancarlo Giorgetti: “Dare una fascia protetta di consumo del 70-80 per cento” rispetto ai consumi “degli anni precedenti tutelata allo stesso prezzo, poi se qualcuno consuma di più paga un prezzo più elevato” per la parte rimanente.

L’idea sembra mutuata dal meccanismo appena introdotto in Germania, dove rimarrà in vigore dal 1 gennaio di quest’anno fino al 30 aprile 2024. Grazie al “freno ai prezzi”, le famiglie e le piccole imprese tedesche godranno di un tetto di 120 euro/mwh per il gas (400 euro/mwh per la luce), comprensivi non solo della materia prima ma anche di tutte le spese per il trasporto, la gestione del contatore e altri oneri e tasse. Il cap si applicherà all’80 per cento del consumo annuale (parametrato sull’anno precedente). Fino a quel punto lo stato rimborserà i venditori di elettricità e gas della differenza tra il tetto e i prezzi di mercato; una volta superata la soglia, i consumatori dovranno pagare il prezzo pieno. Per le grandi imprese, il meccanismo è concettualmente simile, ma prevede prezzi più bassi (70 euro/mwh per il gas e 130 euro/mwh per l’elettricità, considerando il solo costo della materia prima) e si applica a una quota inferiore dei consumi (il 70 per cento). Secondo le prime stime, l’applicazione di queste misure per un anno e mezzo costerà 99 miliardi di euro (56 per il gas e il teleriscaldamento, 43 per l’elettricità). Se tuttavia i prezzi all’ingrosso del gas dovessero stabilizzarsi agli attuali livelli (o scendere ulteriormente) l’onere sarebbe ovviamente inferiore.

Il freno tedesco ha un pregio e un difetto. Il pregio consiste nel fatto che non scoraggia la riduzione dei consumi, o comunque è disegnato in modo tale che il segnale di prezzo marginale sia forte e chiaro. Inoltre, prevedendo un riferimento fisso ai prezzi finali, l’ampiezza dell’aiuto cresce all’aumentare delle quotazioni delle materie prime e decresce in caso contrario. D’altro canto, esso non è superiormente limitato: se dunque i mercati dovessero esplodere come nello scorso agosto, Berlino potrebbe avere un problema di coperture. Da questo punto di vista, sarebbe stato opportuno prevedere anche un livello di sconto massimo, in modo tale da porre un tetto non solo ai prezzi, ma anche agli esborsi per il contribuente. Infine, l’applicazione del meccanismo in Germania avrà alcune difficoltà pratiche, visto che la qualità del servizio di misura in quel paese lascia a desiderare. Non a caso, pur decorrendo da gennaio, verrà computato solo a partire da marzo, con una sorta di storno successivo per coprire le spese del primo bimestre.

Giorgetti ha ottime ragioni per ispirarsi ai tedeschi. A partire dalla fine del 2021, l’Italia è intervenuta essenzialmente con tagli orizzontali alla bolletta (espungendone i cosiddetti oneri generali di sistema) e, per le grandi imprese, applicando dei crediti di imposta sulla maggiore spesa per l’energia. Tali misure andavano bene nella logica emergenziale, ma col passare del tempo si rivelano insostenibili, sia per ragioni di costi sia perché mitigano l’incentivo al risparmio. Ora il governo deve fare una scelta complessa: gli sgravi scadono a marzo e non è pensabile prorogarli tal quali.

Appare quindi ragionevole riprodurre il principio dello sconto applicabile solo sul 70-80 per cento del consumo annuo (stimato sulla base della domanda nel 2021 o, meglio, della media nel periodo precedente, magari escludendo il 2020). L’Italia può tra l’altro contare su una lettura molto più capillare dei consumi, grazie al programma pionieristico di installazione dei contatori intelligenti. I misuratori (specie quelli di seconda generazione) producono una messe di dati dal valore inestimabile, conservati nel forziere dell’acquirente Unico. Se tali dati fossero resi accessibili, la quota di consumi da assoggettare allo sconto potrebbe essere stimata in modo più preciso, in relazione ai consumi effettivi di famiglie e imprese, e in generale i decisori politici potrebbero disegnare le policy in modo più efficace e preciso.

La revisione del sistema di sgravi potrebbe essere l’occasione non solo per razionalizzare la spesa, ma anche per bilanciare l’obiettivo politico di proteggere i consumatori con quello economico di tenere la domanda sotto controllo.

da Il Foglio, 4 gennaio 2023

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