L'autostrada della libertà

Friedrich A. von Hayek, Javier Milei e la franchezza come ideale


23 Gennaio 2024

La Ragione

Carlo Marsonet

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Il discorso al World Economic Forum di Davos del neoeletto presidente argentino Javier Milei ha fatto e farà discutere. Al di là di ciò che si può pensare del personaggio, una cosa è chiara: ha parlato con franchezza. Il mondo occidentale odia sé stesso da molto tempo. Le idee che lo hanno reso un posto migliore delle altre aree geografiche sono state accantonate. Del resto, non c’è da stupirsi se il riferimento continuo della maggior parte degli intellettuali rimane Karl Marx, forse l’emblema (insieme a Rousseau) della rivolta contro libertà e prosperità. Si dimentica, però, che l’elogio forse più sperticato dell’economia di mercato e del ruolo della borghesia è stato fatto nel 1848 proprio dal pensatore di Treviri.

Milei ha affermato perentoriamente: l’Occidente è in pericolo perché ha abbandonato la strada della libertà che lo ha reso opulento a favore di idee collettiviste. E lui può ben dirlo, essendo argentino. Prima del peronismo, l’Argentina era un Paese ricco, il che non significa che non fosse da riformare: si leggano i libri di un esperto di populismi latino-americani come Loris Zanatta.

Adottando una forma di socialismo, com’era la dottrina peronista justicialista, il Paese si è immiserito drammaticamente. Fino ai giorni nostri, con un rischio di default un giorno sì e un giorno no. Laddove l’autorità politica si sostituisce alla società, cioè alla cooperazione fra individui liberi e indipendenti, lì sorgono i problemi. Purtroppo, il modo migliore per riportare indietro le lancette dell’orologio verso un mondo più povero è proprio sostituire la coercizione alla libertà.

Friedrich von Hayek ha mostrato nella sua ultima grande opera “La presunzione fatale” (1988), di recente riedita da Ibl Libri come l’uomo porti con sé i retaggi dell’esperienza di piccole società chiuse, come quelle in cui viveva migliaia di anni fa. Se così è, la libertà è una pianta che si è prodotta col tempo, un tirocinio che ha richiesto la soppressione di istinti innati ostili se non contrari alla vita civile di ordini più grandi. La strada abbandonata di cui ha parlato Milei è dunque semplicemente quella che ha nella difesa della vita, della libertà e della proprietà la triade fondamentale di un ordine umano civile.

È curioso – ma non troppo: Milei si è formato sulla Scuola austriaca – come tale discorso riecheggi il contenuto di un altro libro hayekiano, di ottant’anni fa esatti. Ne “La via della schiavitù” (1944), l’austriaco espresse tutto il suo smarrimento per essere approdato in Inghilterra, la terra di elezione del liberalismo, vedendo come il liberalismo avesse più a che fare con l’organizzazione e la regolazione che con la libertà. Hayek dedicò il volume, scritto in un periodo storico assai cupo e difficile, ai socialisti di tutti i partiti. Non siamo poi troppo lontani, se ancora oggi chi dice liberalismo ha in mente idee collettiviste. Le parole contano, la franchezza nel parlare con spirito di verità anche.

da La Ragione, 23 gennaio 2024

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