Ambiente: si stava peggio quando si stava peggio


17 Marzo 2019

Argomenti / Ambiente e Energia , Teoria e scienze sociali

Francesco Ramella

Research fellow, IBL e docente di Trasporti, Università di Torino

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Il successo della testimonianza della giovane Greta ha riportato alla ribalta il tema dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici.

Cosa c’è di fondato dietro la preoccupazione per la salute del pianeta, e quanto sono utili i richiami a politiche di intervento per l’ambiente?
Nel 1968, Richard Nixon, nella sua campagna per le presidenziali, avvertiva gli elettori americani che negli anni 2000 le città sarebbero divenute invivibili per densità demografica e inquinamento. Nei cinquanta anni trascorsi da allora la popolazione mondiale è raddoppiata (da 3,5 a 7 miliardi di persone), la disponibilità di cibo per persona è cresciuta passando da meno di 2.400 chilocalorie al giorno a quasi 3.000, la speranza media di vita nel mondo che dai trenta anni di fine ‘800 era quasi raddoppiata si è ulteriormente accresciuta attestandosi nel 2016 a 72 anni, e la ricchezza procapite è anch’essa più che raddoppiata in termini reali crescendo da 3.500 a 8.500 dollari.

Le evidenze empiriche di cui disponiamo mostrano come da oltre metà secolo i livelli di concentrazione di sostanze inquinanti nei paesi occidentali siano in costante calo. Tale evoluzione è da ricondursi pressoché esclusivamente alle innovazioni tecnologiche intervenute nel settore dei trasporti ed in quelli della produzione di energia, del riscaldamento e dell’industria.

Analizzando in dettaglio i dati sull’inquinamento atmosferico e sull’efficacia delle azioni intraprese per contrastarlo, si può concludere che a giudicare dai dati quantitativi a nostra disposizione appare dunque evidente come la versione dei fatti ambientali pressoché universalmente accettata si discosti non poco dalla realtà e dalle conoscenze scientifiche dei fenomeni. E ad una “diagnosi” errata di norma si accompagnano “terapie” al contempo inefficaci e inefficienti.

L’impegno dei più giovani e l’entusiasmo con cui si possono intestare grandi battaglie ideologiche non dovrebbe essere confuso con la loro accoglienza acritica e ipocrita da parte dei governi e delle organizzazioni internazionali. A loro sta riconoscere le reali dimensioni del problema e cosa, negli anni, ha contribuito a risolverlo.

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