Amazon Smile chiude (ed è una sconfitta per tutti)

La chiusura del programma che consentiva di fare donazioni a enti scelti dal consumatore

6 Febbraio 2023

L'Economia – Corriere della Sera

Alberto Mingardi

Direttore Generale

Argomenti / Politiche pubbliche

La crisi si vede nelle cose grandi come in quelle piccole. Negli ultimi mesi abbiamo intercettato più segnali di un cambio di rotta fra le Big Tech, che probabilmente avevano esagerato nel valutare le conseguenze di lungo periodo della pandemia. Un segnale debole, ma non irrilevante, è la chiusura del programma Amazon Smile, che negli Stati Uniti consentiva di donare lo 0,5% dei propri acquisti a una charity di propria scelta. 

L’azienda di Jeff Bezos è da sempre agile e reattiva nel fare esperimenti e, quando non funzionano, scrivere la parola fine. Smile aveva costi amministrativi rilevanti e portava a una grande dispersione di micro-donazioni. Amazon ha fatto presente che ovviamente continuerà nelle proprie iniziative filantropiche, e magari aumenterà persino i propri impegni. La questione chiave è proprio questa. 

Smile, con tutti i problemi del caso, era uno strumento che lasciava il boccino al consumatore. Era quest’ultimo a scegliere se e come devolvere una parte dei propri acquisti a vantaggio di una causa ritenuta importante. Non è detto che un’azienda debba offrire questa possibilità: quando andiamo al supermercato, non indichiamo alla cassiera a quale ente benefico fare una donazione. 

Ma l’idea dietro Smile era invece perfettamente sintonizzata sul racconto che Amazon faceva di se stessa: il negozio del mondo, dove i consumatori sono finalmente sovrani. In questo negozio del mondo, non debbono essere i manager a sottrarre profitti agli azionisti per farsi belli con investimenti filantropici (coi loro guadagni, da Bezos in giù, faranno quel che vogliono). Persino la beneficenza è messa al servizio del cliente. 

Era l’esatto contrario della logica oggi dominante negli Stati Uniti, per cui le grandi corporation possono conquistarsi il diritto di esistere solo facendo pubblica ammenda per le nequizie del capitalismo, donando generosamente a quei gruppi che sono impegnati a dinamitarde le fondamenta. Ed era anche molto più trasparente della prassi, diffusa pure da noi, per cui il management di un’impresa sceglie beneficiari della generosità corporate in linea con le proprie convinzioni o la propria ambizione di visibilità, risparmiandosi il fastidio di aprire personalmente il portafogli. Era interessante che ci fosse un’impresa con l’ambizione di seguire, anche in quest’ambito, il giudizio dei consumatori. Peccato parlarne al passato. 

da L’Economia del Corriere della Sera, 6 febbraio 2023

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