Il dumping fiscale, come la bellezza, è negli occhi di chi guarda. E, nel caso dei politici, si riferisce normalmente a quelle imposte che altri paesi hanno potuto tagliare, e che essi invece – pur volendolo – non sono in grado di ridurre. Per questo le accuse di dumping fiscale, rivolte da François Bayrou all’Italia, vanno sia comprese, sia contestualizzate.
Il contesto, in questo caso, è importante, sebbene sia andato completamente perduto nelle polemiche: il premier francese ha evocato il dumping fiscale per spiegare la sua opposizione a una patrimoniale sui “super ricchi”: “I cittadini più abbienti lascerebbero la Francia, perché ormai esiste una specie di, come si dice, nomadismo fiscale… L’Italia oggi sta facendo una politica di dumping fiscale”. Nel mirino di Bayrou, insomma, non c’era l’Italia ma l’estrema sinistra francese.
Detto questo, è vero che il nostro paese ha adottato un regime estremamente favorevole per i cittadini ad alto reddito che vi trasferiscono la residenza fiscale. Non siamo certamente gli unici a farlo: molti governi utilizzano strumenti analoghi per attrarre contribuenti particolarmente facoltosi. Il problema, dunque, non sta di per sé nel “dumping” fiscale ma nel modo in cui è disegnato e nella sua limitata portata. Infatti, da un lato, si tratta dell’ennesimo regime speciale, che contribuisce a frastagliare e complicare il nostro sistema tributario: invece di ricondurlo a unitarietà e razionalità, continuiamo a spezzettarlo nell’implicita ammissione della sua inadeguatezza, senza mai avere il coraggio di metterlo in discussione. Dall’altro lato, sebbene sia comprensibile la ratio della misura, viene da chiedersi perché l’Italia non riesca a maturare un’ambizione maggiore: per costruire una crescita duratura, serve a poco attrarre i “paperoni” per intercettarne un po’ di spesa. Bisogna, semmai, attirare gli insediamenti produttivi delle imprese: ma il fisco italiano per le imprese è tutt’altro che un alleato. È quanto di più respingente possa esistere: oppressivo, pervasivo, confuso e aggressivo.
Invece di offendersi per la battuta di Bayrou, Giorgia Meloni dovrebbe riconoscere che, purtroppo, per la stragrande maggioranza dei contribuenti – persone fisiche e giuridiche – l’Italia non è un paradiso ma un inferno fiscale. E agire di conseguenza.