Alcune ragioni liberali contro il “piano Draghi”

Il progetto delineato da Mario Draghi ricalca quanto visto con il piano Marshall, ma può davvero funzionare?

11 Settembre 2024

Il Giornale

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Politiche pubbliche

Il progetto delineato da Mario Draghi nasce da un problema reale: l’oggettivo declino del Vecchio Continente, che da tempo cresce davvero poco e in qualche caso – come in quello italiano – negli ultimi tre decenni è perfino arretrato. L’economia deve recuperare dinamismo e l’idea di un nuovo Piano Marshall, perfino più corposo di quello finanziato dagli Stati Uniti dopo la Seconda guerra mondiale, viene da lì.

Per chi si riconosce nei principi liberali, però, vi sono alcune obiezioni da farsi. Innanzi tutto, indebitare e/o tassare gli europei e le loro aziende al fine di poter iniettare grandi quantità di denaro grazie a una programmazione politicamente orientata è in linea con le logiche socialdemocratiche e keynesiane che sono proprio all’origine del disastro europeo. Quello che viene annunciato come un farmaco, nei fatti, è il solito veleno di Stato. Gli italiani hanno ben presente la politica dei bonus: credo che ne debbano avere abbastanza di questo intervento pubblico che unisce clientelismo e logiche assistenziali. Oltre a ciò, l’enorme massa di soldi che Draghi vorrebbe iniettare nell’economia europea non sarebbe gestita dai 27 governi che compongono l’Unione; al contrario, l’idea è che sia proprio il Super-Stato con capitale a Bruxelles ad amministrare questi capitali, che per giunta dovrebbero essere piegati alle logiche di quell’ecologismo radicale (la cosiddetta «decarbonizzazione») che già tanti danni ha causato ai nostri sistemi produttivi. In Germania, per giunta, s’è visto come queste politiche ambientaliste e tecnocratiche abbiano prodotto il successo di quei movimenti che, a destra come a sinistra, non vogliono immolare la prosperità attuale sull’altare di qualche (ipotetico) centesimo in meno di temperatura media annua; specie se Cina, India e gli altri continuano sulla loro strada. È difficile, per questa ragione, che le classi dirigenti tedesche siano disposte ad ascoltare Draghi. È poi del tutto evidente che il gosplan delineato dall’ex premier italiano punta a realizzare un esercito europeo, quale tratto essenziale di una statualità sui generis. Se si pensa all’esercito comune non è per vedere sfilare le truppe nelle capitali, ma per dare un nuovo protagonismo (anche militare) all’Unione. I costruttori dell’Europa sanno bene che ogni nuova istituzione si rafforza e consolida molto meglio e più velocemente se c’è una guerra.

È infine opportuno – a settant’anni di distanza – demitizzare il piano Marshall. Nel 1945 l’economia italiana e quella tedesca si sono risollevate non già grazie agli aiuti americani, che certo furono importanti per promuovere l’immagine degli Usa ed evitare l’inferno sovietico. Dopo la guerra, però, l’Europa si è rialzata perché la regolazione e la tassazione erano ai minimi: era facile lavorare, intraprendere, avere successo. O si riparte da lì (accantonando ogni progetto socialista), oppure il declino europeo non troverà mai una soluzione.

oggi, 9 Dicembre 2024, il debito pubblico italiano ammonta a il debito pubblico oggi
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