L'accelerazione del Pil vale una dote da 3 miliardi

L'economista Rossi: «Ora la riforma fiscale». Ma c'è lo scoglio del patto e i tassi frenano i prestiti

10 Aprile 2023

Il Giornale

Argomenti / Politiche pubbliche

I tre decimali in più di crescita quest’anno portano al governo una mini dote tra i 2 e i 3 miliardi di euro. Una piacevole sorpresa in vista della redazione del Def, in arrivo per martedì. Secondo fonti vicine al dossier, la posizione del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sarebbe quella di destinare il tesoretto o alla riduzione del debito o comunque su un’unica misura, in modo che questi soldi possano incidere maggiormente. In ogni caso, non si vorrebbero fare follie: anche perché le previsioni del Def per il 2024 e 2025 dovrebbero essere più basse della Nadef di novembre (+1,8% nel 2024 e +1,5% per il 2025).

L’accelerazione del Pil è stata confermata anche nel bollettino economico di Bankitalia, che stima un’«attività economica leggermente aumentata nel primo trimestre del 2023, sostenuta dal settore manifatturiero». Anche se i rialzi dei tassi della Bce hanno frenato nei mesi a cavallo fra il 2022 e il 2023 «i prestiti delle banche italiane» (a febbraio -7,5% per le imprese e -0,1% alle famiglie).

Cala il debito: al 144,4% del Pil nel 2022, contro il 149,9% del 2021 e scende anche il deficit (8%). Ma allora dove potrebbe essere destinato il tesoretto? «Io mi auguro che le risorse disponibili, al netto di altre necessità, siano destinate all’attuazione del primo stadio della delega fiscale», afferma al Giornale Nicola Rossi, economista dell’Università Tor Vergata e dell’Istituto Bruno Leoni. «Se il governo dovesse approvare la riforma prima di settembre in Parlamento, sarebbe un segnale molto positivo».

La riforma fiscale, del resto, sulla quale è al lavoro il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, è uno dei pilastri programmatici del governo Meloni e una sfida su cui l’Esecutivo si gioca un pezzo della sua credibilità. «Forse qualche affinamento è necessario», prosegue Rossi a proposito del cantiere della riforma, «ma ritengo i contenuti della delega positivi e condivisibili. Infatti, si parla di un calo tendenziale della pressione fiscale, di una riduzione delle aliquote e del riordino di Irpef e Ires, oltre al superamento dell’Irap».

Il pressing affinché il governo anticipi il taglio delle tasse sta aumentando nelle ultime settimane: lo hanno chiesto le aziende di Unimpresa, così come l’Abi, l’associazione rappresentativa delle banche italiane. Senza dimenticare la partita del Pnrr, la cui spesa non ha avuto finora alcun impatto nonostante la crescita italiana aggiornata dallo 0,6% allo 0,9% del Pil.

«Non dobbiamo farci particolari illusioni dopo quello che è successo negli ultimi due anni», prosegue Rossi, «l’Italia tornerà ai tassi di crescita asfittici degli ultimi 25 anni, a meno che non si attuino gli investimenti previsti del Pnrr i quali avrebbero un impatto rilevante sul Pil potenziale».

Ma c’è almeno un altro fronte aperto con l’Europa: la riforma del Patto di Stabilità, che deve arrivare entro fine anno. I Paesi stanno avanzando le rispettive proposte per ritoccare l’impianto della Commissione: la Germania per esempio spinge per vincoli più stringenti per i Paesi più indebitati come l’Italia, ovvero l’obbligo di diminuire il rapporto debito/Pil di un 1% all’anno.

«Personalmente credo che la proposta della Commissione debba essere vista con molta prudenza da parte italiana», afferma Rossi, «la flessibilità che vi è contenuta, con la possibilità di negoziare con la Commissione un percorso di rientro personalizzato, può essere più un problema che un vantaggio. Sarebbe meglio avere margini apparentemente più stringenti, ma chiari».

da Il Giornale, 8 aprile 2023

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