Michele Cozzi
Rassegna stampa
Sileoni: terapia choc per il fisco
«Aliquota lrpef del 25% uguale per tutti». «I più abbienti finanzino la sanità»
Serena Sileoni, vicedirettore generale dell’Istituto «Bruno Leoni»: si torna a parlare di flat tax.
Nicola Rossi propone un’aliquota unica del 25%. Se ne parla da vent’anni, senza successo. Perché?
«I motivi per cui non se ne è fatto nulla vent’anni fa, sono gli stessi di oggi. La flat tax è una riforma impegnativa, ci sono luoghi comuni da fronteggiare. La flat tax non è per i ricchi e non è incostituzionale, come si dice. È uno strumento che entra in rotta di collisione con il modo con cui si crea il consenso».

Problemi che si trascinano da tempo. Ma c’è oggi qualche differenza?
«Esistono differenze. La principale è che la pressione fiscale a cui siamo arrivati oggi è innegabilmente vissuta come vessatoria. Oggi questo tema è avvertito di più».

Si parla di un’aliquota del 25%. In passato Berlusconi aveva parlato del 20%. La differenza non è marginale. Che dice?
«Certo, perché poi occorre stabilire come reperire i fondi. Il 25% può essere ritenuta un’aliquota troppo alta o troppo bassa. Bisogna trovare un’aliquota che sia seria per garantire le coperture necessarie».

In cosa consiste praticamente la flat tax?
«L’aliquota unica è del 25% sulle principali imposte, dirette ed indirette, Iva compresa. Abbiamo preso atto che arriverà prima o poi al 25%. Le imposte Imu e Tasi proponiamo che siamo abolite e possano essere sostituite a livello locale con un’unica imposizione. Proponiamo di togliere l’Irap, che è odiosa. Il cui presupposto non è la ricchezza. Poi c’è un altro motivo. Con l’Irap si paga la sanità. E pagare la sanità con un’imposta che con la sanità non c’entra nulla significa rendere opaco il rapporto tra quanto si versa e quanto si spende».

Concretamente come si sosterrebbe la sanità?
«Noi proponiamo che la sanità sia sostenuta, su decisione delle Regioni, con una forma di imposizione a carico dei contribuenti più abbienti. Con una possibilità per questi contribuenti di uscire dal sistema sanitario pubblico. Di dire: “Io non costo nulla e consideratemi non più a carico del sistema pubblico”».

Quindi, stessa aliquota Irpef per tutti e poi i servizi si pagherebbero a parte?
«Per la sanità, c’è la possibilità di una forma impositiva per le fasce alte dei contribuenti, a beneficio di tutti i contribuenti, con una forma di solidarietà fiscale. E poi, pensiamo ad una “no tax area” per i redditi più bassi. E per i redditi inferiori a questo minimo l’introduzione di un reddito vitale. Che spesso è chiamato reddito di cittadinanza».

Questa ipotesi si concilia con la copertura delle spese?
«Questo tema è serio. La copertura non è a carico del contribuente, né di oggi né di domani. È questo un motivo di equità. Poi la flat tax si accompagna al minimo vitale. I due aspetti stanno insieme. Una minore pressione fiscale e più equità per le categorie più svantaggiate».

Quindi in questo progetto la sanità diventa a carico dei più ricchi?
«Se la Regione dovesse avere bisogno di utilizzare questo strumento, sarebbe un’imposta che peserebbe sui redditi più alti. Mentre si amplia la no tax area».

Che cosa ne sarebbe della fiscalità progressiva?
«Ma già ora il sistema è apparentemente basato sulla progressività delle imposte. Per il sistema delle detrazioni e delle deduzioni e perché l’Irpef è una delle tante tasse che paghiamo. Ci sono analisi da cui emerge che la fascia medio-bassa è molto più sottoposta a carico fiscale rispetto alle fasce superiori. Per fare un esempio: il bonus degli 80 non lo hanno i pensionati e i giovani lavoratori con partita Iva. Mentre è una agevolazione fiscale solo per i dipendenti, a prescindere dalla capacità contributiva».

La Costituzione stabilisce che chi più guadagna più deve pagare. Sarà discutibile e lo è ma è così. Come si concilia con la vostra proposta?
«Ma resta così. La flat tax comporta un’aliquota unica che si può combinare con meccanismi che riportano il sistema al principio di progressività fiscale. E questo si spiega con la no tax area, e con la proposta di minimo vitale. Poi per nuclei familiari si possono prevedere a livello generalizzato forme di deduzione».

Ipotesi di flat tax sono state sperimentate in alcuni Paesi ex comunisti, ma non riescono a sfondare nei Paesi occidentali?
«Il vecchio mondo è appunto vecchio, stratificato, con mix di retaggi politici e sistemi giuridici. Che in Estonia, Lituania e Lettonia ci sia la flat tax mi stupisce di meno, perché si tratta di Paesi giovani. No i dobbiamo fare prima tanta pulizia».

Da La Gazzetta del Mezzogiorno, 1 Luglio 2017