Carlo Lottieri
Rassegna stampa
28 dicembre 2020
Le risorse al Sud: una politica da cambiare
Ogni territorio ha soprattutto bisogno di governarsi da sé
Nell'informazione italiana è in atto una campagna volta a denunciare presunti "scippi" che sarebbero stati compiuti dal Nord a danno del Mezzogiorno. L'imminenza dell'arrivo dei fondi del Recovery Fund ha riscaldato gli animi, dato che nel Meridione molti temono che gli investimenti statali favoriranno il Centro-Nord.
I nuovi dati Istat sulla ricchezza nelle diverse aree d'Italia dovrebbero far riflettere un po' meglio, dato che il Nord-Ovest si riconferma l'area più prospera, con un reddito medio doppio rispetto a quello del Sud.
Si possono fare molte considerazioni a commento di tutto ciò, ma la prima è che va preso atto del fallimento delle politiche basate su aiuti e assistenzialismo. In un rapporto intitolato "Conti economici territoriali anni 2017-19", l'istituto nazionale di statistica sottolinea come in Lombardia il reddito pro capite sia di 39.700 euro, mentre la media del Sud è di 19.000. In sostanza, il reddito medio di un lombardo è doppio di quello un concittadino meridionale e questo a dispetto del fatto che ogni anno più di 50 miliardi di euro lasciano la Lombardia per alimentare il resto del Paese. Eppure mai era successo, in passato, che il reddito medio di un meridionale fosse la metà di uno del Nord.
Queste cifre certificano il fallimento del meridionalismo. Esse attestano quanto sia stato irresponsabile alimentare un costante trasferimento di risorse, che alla fine ha nutrito soprattutto le clientele e ha ingrossato la schiera dei dipendenti pubblici.
Di fronte a queste evidenze chi vuole un Sud diverso deve allora pretendere che il Mezzogiorno abbia più libertà di iniziativa e meno aiuti, più spazi imprenditoriali e meno sovvenzioni di Stato, più responsabilità e meno paternalismo d'accatto.
Pure al Nord bisogna comprendere che lo sviluppo dell'economia meridionale è cruciale per l'intero paese e che l'unica maniera per dare un futuro a un'area segnata da disoccupazione, emigrazione intellettuale e mercato nero consiste nel porre fine a questa distorsione della vita economica causata da uno statalismo perfino più pervasivo di quello che sta martoriando il resto d'Italia.
A ben guardare l'Italia tutta ha bisogno di essere persuasa, magari da quanti detengono larga parte del nostro debito pubblico (dalla Bce alla Germania), a compiere le uniche riforme necessarie: quelle tali da obbligare ogni area a gestirsi, tassarsi e regolarsi da sé. C'è insomma la necessità che le economie più frugali costringano la nostra classe politica a fare i conti con le tesi di un don Luigi Sturzo, che nel 1902 scrisse queste parole: "Lasciate che noi del Meridionale possiamo amministrarci da noi, da noi designare il nostro indirizzo finanziario, distribuire i nostri tributi, assumere le responsabilità delle nostre opere, trovare l'iniziativa dei rimedi ai nostri mali".
Il Mezzogiorno non ha bisogno di altri soldi pubblici, come non ne ha bisogno il Nord. Ogni territorio, infatti, ha soprattutto bisogno di governarsi da sé, fare i conti delle entrate e delle uscite, adottare le misure adeguate alle proprie esigenze. E se non saremo capaci di compiere da soli queste scelte, speriamo che altri ci inducano a farlo.
Da La Provincia, 28 dicembre 2020