Alessandra Ricciardi
Rassegna stampa
16 maggio 2020
Riduzione Irap a chi sta meglio
Per l'economista Nicola Rossi la manovra è di dubbia efficacia e di scarsa tempestività
A beneficiare della riduzione dell'Irap non saranno le imprese maggiormente colpite dalla crisi economia innescata dal Coronavirus ma quelle che hanno continuato a fatturare». A evidenziare uno dei paradossi della manovra di rilancio messa in campo dal governo con l'ultimo decreto legge è Nicola Rossi, economista, ex parlamentare pd, da anni attento analista della politica economica italiana con l'Istituto Bruno Leoni.
Una manovra, dice Rossi, di «dubbia efficacia e scarsa tempestività». La durata dell'emergenza economica? «Non ne usciremo rapidamente anche perché ci portiamo ancora sulle spalle in parte il peso delle crisi del 2008 e del 2011».
Domanda. Dopo un mese di annunci, lunedì in Gazzetta Ufficiale andrà il decreto legge di rilancio per affrontare la crisi economica post covid-19: 55 miliardi bastano?
Risposta. A cosa? L'adeguatezza della manovra di politica economica va considerata rispetto agli obbiettivi, ma in questo caso ciò che non appare molto chiaro è proprio l'obbiettivo della manovra.
D. Il rilancio dell'economia.
R. Difficile che sia così: marginali sono infatti gli interventi in grado di restituire fiducia alle famiglie ed alle imprese e di influenzare le tendenze di fondo dell'economia. Più probabile che l'obbiettivo sia un mero sostegno delle famiglie e delle imprese in un momento di grave difficoltà. Ma in questo caso non è affatto chiaro cosa si immagina che possa accadere dopo: quando il sostegno sarà esaurito e l'economia italiana dovrà tornare a camminare sulle sue gambe.
D. Se dovessimo misurare la febbre da assistenzialismo, questo decreto come è messo?
R. Una certa dose di assistenza era inevitabile. La crisi è stata molto acuta. I numeri dell'occupazione - drogati dal blocco dei licenziamenti e dall'utilizzo amplissimo della cassa integrazione - non ci possono raccontare quale sia il vero grado di sofferenza dell'economia italiana. Anche qui, non si potranno bloccare i licenziamenti all'infinito né si potrà prolungare all'infinito la cassa integrazione. Ma a parte questo aspetto, era inevitabile intervenire a sostenere le famiglie e le imprese più colpite: forse si sarebbe potuto fare meglio selezionando adeguatamente lo strumento (si vedano le difficoltà legate alle modalità di funzionamento della cassa integrazione in deroga), evitando una nuova pioggia di bonus (era proprio necessario pensare anche ai monopattini?).
D. Tutti i settori hanno chiesto aiuto.
R. In assenza (temporanea) del vincolo di bilancio (e cioè, potendo spendere più liberamente del solito) si tende ad accontentare le richieste più disparate. Anche qui c'è una lezione da imparare: quando si ha una politica debole e litigiosa come la nostra, i vincoli europei sono uno scudo e non un limite.
D. Quali sono i comparti a maggiore rischio?
R. Presumo che nei mesi a venire il comparto turistico subirà colpi non indifferenti, purtroppo. Ma temo che la preoccupazione debba essere generalizzata. Ho segnalato più volte che la profondità e la durata della crisi sarebbero state tanto maggiori quanto meno efficace e tempestivo l'intervento di politica economica. Sulla efficacia ho non pochi dubbi. Sulla tempestività, i fatti parlano da soli.
D. Ci sarà lo snellimento delle procedure per l'accesso al credito? E la semplificazione burocratica?
R. Nel decreto Rilancio la semplificazione c'è ma solo per le procedure di assunzione nella Pubblica amministrazione. Quando c'è da pensare a se stessa la politica è sempre pronta. Quando c'è da pensare ai cittadini un po' meno. Speriamo che prima o poi se ne ricordi.
D. Tra le misure di aiuto a favore delle imprese, l'operazione sull'Irap consentirà di alleggerire i conti di chi ha chiuso?
R. Naturalmente, se non c'è fatturato non c'è Irap. Di conseguenza, a beneficiare della riduzione dell'Irap non saranno le imprese maggiormente colpite. Sia chiaro: ogni riduzione della pressione fiscale è benvenuta (tanto più se si tratta di una riduzione che riguarda una imposta incompresa ed incomprensibile come l'Irap) e non c'è dubbio che in questa situazione il canale degli abbattimenti fiscali sia il più rapido ed efficiente. Ma, per essere più efficace l'abbattimento dell'Irap avrebbe dovuto riguardare acconto e saldo 2019, e non già saldo 2019 e acconto 2020.
D. Quanto rischiamo di perdere come Pil? La Bce indica tre scenari per l'Italia, il peggiore stima una perdita a fine anno del 14,8%.
R. Credo che i margini di incertezza siano troppo ampi per poter dare indicazioni precise. Penso però che purtroppo si possa andare oltre - in senso negativo - le già pesanti indicazioni governative. E ciò anche in ragione, come dicevo, della dubbia efficacia e della scarsa tempestività dell'azione di politica economica.
D. Quando potremo realisticamente uscire dall'attuale recessione e con quali costi sociali ed economici?
R. È opportuno, innanzitutto, capire che senza lo scudo offertoci dalla Banca Centrale Europea e senza la prospettiva di interventi ulteriori e significativi da parte delle istituzioni europee, l'Italia sarebbe realmente nell'angolo. Quali che siano i costi sociali ed economici che sopporteremo, è bene non dimenticare mai che sarebbero stati largamente superiori se non avessimo potuto contare sulla presenza dell'Europa. Ed è bene anche non dimenticare che gli stessi costi sarebbero stati molto inferiori se non fossimo arrivati a questo appuntamento a mani nude per via della irresponsabilità fiscale che ci ha contraddistinto in passato. Ciò detto, non ne usciremo rapidamente anche perché ci portiamo in parte ancora sulle spalle il peso delle crisi del 2008 e del 2011.
Sarebbe stato il caso di sfruttare questa occasione per liberare le famiglie e le imprese dai pesi che ancora impediscono loro di riprendere a camminare, ma allo stato non è questa la strada che si sta seguendo.
D. L'economia post Covid come cambierà? Siamo davanti a una mutazione epocale, anche del sistema produttivo?
R. Eventi di questa dimensione lasciano comunque dei segni ma aspetterei prima di dire che ci attende un mondo del tutto diverso da quello che conoscevamo. Di sicuro c'è solo, purtroppo, il debito pubblico che stiamo creando e la consapevolezza che alcuni cambiamenti (penso al telelavoro) sono forse più vicini di quanto non pensassimo. Di probabile ci sono riduzioni ulteriori - nel medio periodo - della produttività e riconsiderazioni delle catene del valore prevalenti fino a qualche mese fa. Ma sarei cauto nel predire, come alcuni fanno, la fine della globalizzazione o nell'anticipare le conseguenze geopolitiche della pandemia.
da Italia Oggi, 16 maggio 2020