Carlo Lottieri
Rassegna stampa
Niente tagli e meno tasse, così è solo populismo
Al momento attuale, nessuna forza politica ci ha detto in che modo intende far quadrare i conti quando deciderà di togliere meno soldi dalle tasche dei contribuenti.
Ormai si è in piena campagna elettorale. Nella prossima primavera saremo chiamati a eleggere un nuovo parlamento: il che significa che il 2018 sarà un anno di rivolgimenti decisivi per l'Italia, che deve provare a uscire dalla crisi in cui si trova.
In campo economico, la maggior parte delle forze politiche è propensa a suggerire una riduzione delle imposte.
Negli scorsi mesi la proposta di una "fiat tax" (avanzata da più parti) ha riscosso un notevole successo e in qualche caso i progetti di riforma sembrano essenzialmente differire solo in merito al livello dell'aliquota unica.
Tutto ciò è positivo. In un suo volume volto a esaminare il funzionamento dello Stato con gli strumenti concettuali dell'economia, "Potere e mercato", Murray N. Rothbard ha bene evidenziato come quanti vogliano accrescere la libertà individuale debbano focalizzare l'attenzione proprio sull'entità di quanto lo Stato incamera. Se davvero anche nei prossimi mesi dovesse consolidarsi questo consenso sulla necessità di ridurre la pressione fiscale, il Paese ne avrebbe solo da guadagnare. Al tempo stesso, per operare seriamente in tale direzione è necessario che a una diminuzione delle entrate tributarie corrisponda una riduzione della spesa pubblica.
Al momento attuale, però, nessuna forza politica ci ha detto in che modo intende far quadrare i conti quando deciderà di togliere meno soldi dalle tasche dei contribuenti.
È importante che su questo si faccia chiarezza, dato che una minore imposizione fiscale può comportare conseguenze devastanti se al contempo non si provvede a diminuire le uscite. La differenza tra una proposta politica seria e una semplicemente populista è tutta qui: perché un candidato credibile deve certamente dirsi favorevole a "meno tasse", ma deve anche avere il coraggio di apparire impopolare a questo o quel gruppo d'interesse, indicando dove egli intende usare il bisturi.
Per giunta, di spese da eliminare ve ne sono moltissime e se questo può comportare sofferenze in qualche settore della società (gli attuali beneficiari della spesa statale), al tempo stesso molti di più sono quanti ne beneficerebbero. La sensazione, però, è che l'elettore si troverà a scegliere tra ipotesi irrealistiche: proposte avulse dalla realtà e quindi indisposte a sposare i diritti di alcuni contro i privilegi di altri.
Non bisogna mai dimenticare che sono elettori i proprietari delle aziende private foraggiate dallo Stato, i forestali della Calabria, i pensionati con il regime "contributivo" e i dipendenti della Regione Sicilia (cinque volte più numerosi di quelli della Regione Lombardia). Poiché nessuno vuole inimicarsi anche un solo elettore, stiamo assistendo a uno scontro tra slogan e nulla induce a credere che le cose miglioreranno nelle prossime settimane.
Neppure si prova a fare proposte anche solo moderatamente impopolari: come sarebbe quella di privatizzare i carrozzoni pubblici (la Cassa depositi e prestiti, ad esempio) o bloccare talune assunzioni nello Stato.
I politici in competizione per il nostro voto ci promettono meno imposte e tacciono sui tagli da farsi. Un atteggiamento, questo, che non promette nulla di buono.

Da La Provincia di Como, 28 Dicembre 2017