Alessandra Ricciardi
Rassegna stampa
14 gennaio 2021
La riforma del fisco non riforma
Nicola Rossi: È l'ennesimo aggiustamento per rinviare il problema
Sul fronte del fisco quello che si intravede nel PNRR non è una riforma ma l'ennesimo aggiustamento che serve solo a rinviare il problema. Non è certo quello che serve a lavoratori e imprese». Nicola Rossi, economista, ex parlamentare pd, per anni alla guida dell'istituto Bruno Leoni, analizza con ItaliaOggi il Piano nazionale di ripresa e resilienza approvato dal consiglio dei ministri alla vigilia della crisi di governo: 209 miliardi, quelli del Recovery plan, che, dice Rossi, «non è detto vedremo tutti».

Domanda. L'Europa può reggere la crisi politica italiana che è deflagrata in queste ore? Siamo il Paese che dovrebbe avere i maggiori fondi del Recovery.
Risposta. Per la verità, in rapporto al Prodotto Interno Lordo, altri paesi hanno ottenuto trasferimenti e sussidi maggiori di quelli ottenuti dall'Italia. Com'era giusto che fosse. Ciò detto, è chiaro che in piena pandemia e nell'imminenza dell'avvio del Piano di rilancio e resilienza una crisi politica non è il massimo. Ma forse bisognerebbe anche leggere l'altro lato della realtà: in piena pandemia e con il Recovery Plan sulla rampa di lancio forse il paese - ed con lui l'Europa - non può permettersi un governo che non abbia le idee chiare e che non sappia metterle in atto efficacemente ed efficientemente. E, con tutto il rispetto, l'azione del governo in carica dall'agosto 2019 non mi sembra sia stata impeccabile.

D. Per togliere uno dei dossier di maggiore contrasto tra il premier e Italia viva, nel testo del Piano non è indicata la struttura della governance. Un'anomalia o no rispetto agli altri paesi?
R. Altri paesi hanno chiarito da tempo come intendono procedere da questo punto di vista. Quel che colpisce del caso italiano non è peraltro il fatto che la versione del PNRR sia silente sulla questione quanto il fatto che esattamente su questo punto il Presidente del Consiglio si fosse espresso con molta chiarezza mesi fa - ricordate, la cabina di regia? i trecento tecnici? - salvo poi fare una marcia indietro piuttosto imbarazzante. Sono cose come questa che danno la sensazione di approssimazione e superficialità che spesso i nostri partner europei ci rimproverano.

D. Ma la governance è decisiva o no?
R. Il tema è veramente molto delicato. Dando per scontato che le grandi decisioni strategiche non possano che essere assunte dalla politica, assai meno ovvia è la strada da assumere per quanto riguarda la concreta attuazione del Piano. Se si è convinti che la nostra pubblica amministrazione è in uno stato comatoso, si può essere facilmente tentati dall'idea di una struttura esterna alla pubblica amministrazione per la gestione di un evento straordinario come il PNRR. Ma se si pensa invece che ci sia - e molto - da salvare nella nostra pa, allora è abbastanza evidente che una struttura esterna sarebbe l'ennesima occasione di delegittimazione ed indebolimento di quella stessa amministrazione su cui il Piano punta invece fortemente.

D. Lei che risponderebbe?
R. Personalmente penso che puntare sugli elementi di eccellenza della nostra pubblica amministrazione sia in questa occasione doveroso. Ma solo se si associa questa prova di fiducia nella amministrazione ad un atteggiamento diverso nei suoi confronti. Mi spiego. Molti dei compiti che dovrebbero essere svolti nella fase di esecuzione del PNRR coincidono con i compiti che dovrebbe da tempo svolgere il Dipartimento per le Politiche di Coesione, guarda caso collocato presso la Presidenza del Consiglio. La performance di quel Dipartimento - che ha contribuito significativamente al (discutibile) utilizzo dei fondi europei nel Mezzogiorno nell'ultimo quarto di secolo - è stata a dir poco deludente.

D. E quindi?
R. Bene, se qualcosa in quel Dipartimento ancora funziona, lo si utilizzi ai fini del PNRR. Ma se così non è, quel personale venga destinato ad altri incarichi o messo in libertà. Dopo di che è evidente che una amministrazione come la nostra, in cui predominano competenze giuridico-amministrative, avrà estremo bisogno in questa fase di competenze tecniche. La modalità con cui queste saranno selezionate contribuirà in modo decisivo al successo del piano. La debolezza della politica in questa fase non è, da questo punto di vista, un segnale rassicurante.

D. Quanto conta nel giudizio che sarà dato del Piano l'indicare chi e come si occuperà della gestione dei fondi e della selezione dei progetti?
R. Sarei stupito se la Commissione desse indicazioni su questo punto. Quel che conterà saranno le assicurazioni e le garanzie che potremo dare circa l'efficacia e l'efficienza dell'intero processo di attuazione del PNRR. E, ancor di più, conterà la condizionalità implicita nel PNRR. In assenza di risultati tangibili, potremmo finire per vedere solo la prima tranche di quei fondi.

D. Il PNRR spiega che va disegnato «il tempo nuovo dell'economia e della società». Quali sono a suo avviso i punti di forza e quelli di debolezza della nuova impalcatura?
R. Se ci si limita ai grandi obiettivi, questi non possono che essere condivisi. L'idea di un paese - e di un continente - più verde, più digitale e più coeso è difficilmente discutibile. È un po' come domandarsi se vogliamo bene alla mamma.

D. Quanto pesa la riforma della pubblica amministrazione? Avremo finalmente un paese sburocratizzato?
R. Quasi la metà dei fondi dedicati alla digitalizzazione della pa sono stati attribuiti all'incentivazione dei pagamenti elettronici. Di più, le righe dedicate alla modernizzazione della pa sembrano preludere - più che ad altro - ad una nuova stagione di ampliamento degli organici. Francamente non so quanto sia questa la strada da battere. Nella nostra pubblica amministrazione convivono funzionari competenti e dedicati e altri molto meno. Una ristrutturazione non può cominciare se non intervenendo, senza esitazioni, sulle aree di inefficienza. E per farlo spesso e volentieri non basta, purtroppo, evocare i termini «upskilling e reskiilling». Se si vuole prendere sul serio il tema della Pubblica Amministrazione l'occasione dista solo poche settimane.

D. A cosa fa riferimento?
R. I cosiddetti navigator dovrebbero cessare il loro incarico alla fine di aprile. Se si troverà una qualche modalità per garantirne la permanenza in servizio vorrà dire che non si vuole una pubblica amministrazione diversa da quella che c'è e che, oggettivamente, costituisce spesso e volentieri un freno per il Paese.

D. Sul fronte finanziario, si prevede la riforma del sistema tributario: meno tasse sul lavoro e imprese. È la svolta che serviva?
R. Onestamente no. Serviva e serve un ridisegno complessivo del sistema fiscale. Limitarsi a ridisegnare la curva delle aliquote e a introdurre l'assegno unico non farà altro che mandare dei segnali in vista dei prossimi appuntamenti elettorali e perpetuare, però, i problemi profondi del nostro sistema fiscale. Sotto questo profilo è bene sapere fin d'ora che quella che si intravede all'orizzonte non sarà una riforma fiscale ma solo l'ennesimo aggiustamento inteso a rinviare il problema. Del resto, parliamoci chiaro: sulle riforme fiscali si misurano, come in pochi altri campi, la volontà politica e l'abilità comunicativa di una classe politica, la competenza tecnica e la capacità amministrativa di una classe dirigente. Non mi sembra che in questa fase siano qualità disponibili in abbondanza.

D. La riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive servirà a recuperare fette di lavoro perso?
R. Sul mercato del lavoro - a causa del blocco dei licenziamenti - si sta formando una delle grandi bolle dei prossimi mesi (le altre essendo quelle in formazione nel mercato del credito e sul versante delle scadenze fiscali). Ciò indurrà ad una riforma degli ammortizzatori sociali disegnata non per durare ma per far fronte all'emergenza. Temo che tutto ciò non possa far altro se non rendere più difficile lo stato del mercato del lavoro.

D. Nel Piano emerge con forza anche il dossier delle disparità di reddito. Che dobbiamo aspettarci?
R. Su questo punto, il PNRR contiene per un verso affermazioni molto generiche e, per altro verso, sembra riproporre soluzioni di non grande successo nel recente passato. Si vedano per esempio, in tema di coesione territoriale, gli interventi previsti per le aree interne che vengono riproposti nonostante non si abbiano ad oggi elementi certi per valutarne l'efficacia.

D. Quando l'Italia dovrà ricominciare ad occuparsi del proprio bilancio? Ci saranno nuovi parametri? E le politiche di austerità le abbiamo alle spalle o no?
R. Il momento per cominciare ad occuparcene dovrebbe essere ora. Se gli interventi contenuti nel PNRR non genereranno un adeguato tasso di rendimento e, di conseguenza, una adeguato tasso di crescita del Paese, i problemi del nostro bilancio pubblico potranno rivelarsi insolubili. Quali che siano i parametri europei applicabili. E l'austerità, ammesso che ci sia mai stata, cesserà di essere un ricordo. Sotto questo profilo colpisce come la comunicazione pubblica sia straordinariamente silente: il Paese si sta convincendo che davanti a noi ci sia una torta da divorare mentre dovrebbe invece capire che davanti a noi c'è solo una cassetta di strumenti. Solo utilizzandoli al meglio potremo sperare di recuperare un po' del benessere colpevolmente perso in quest'ultimo quarto di secolo.

da Italia Oggi, 14 gennaio 2021