Leonardo Petrocelli
Rassegna stampa
30 maggio 2020
L'Europa ha dato una svolta, ora tutto può cambiare
L'economista Nicola Rossi: la proposta è il primo passo verso un bilancio federale
Professor Nicola Rossi, economista di orientamento liberale, come giudica il piano anti-crisi proposto dalla Commissione europea?
«Ha un valore più alto di quello che possiamo immaginare perché si tratta del primo passo concreto verso una unione di bilancio. Bisogna dare atto alla Commissione europea di aver compreso il momento. Ma questo sforzo, per usare un linguaggio in voga, impone una condizionalità. La più importante di tutte».

E sarebbe?
«Da ora in poi l'impegno europeo dell'Italia deve essere senza condizioni, senza se e senza ma. Ci dobbiamo essere in pieno, diversamente dagli ultimi due anni in cui le riserve sono state troppe».

L'aria che tira, però, non sembra questa. Sono molte le critiche avanzate alla proposta della commissione, da parte sovranista e non solo.
«E allora vediamole, queste critiche».

La prima: i soldi in arrivo, alla fine, non sono poi tanti e, soprattutto, la parte più consistente arriverà solo nel 2021 mentre, nel frattempo, le nostre aziende muoiono.
«La Commissione ha semplicemente disegnato una scaletta. Nell'immediato arrivano i fondi per gli ammortizzatori sociali, di certo i più urgenti».

Arriva anche il Mes...
«Sì arriva il Mes che sarà bene sfruttare, senza quelle resistenze miopi, aprioristiche e ideologiche di cui parlavo prima. Poi, dal 2021, il grosso degli aiuti».

Questo «grosso» per molti non è abbastanza e soprattutto, siamo alla seconda obiezione, non è gratis.
«Vero, non si tratta di un regalo. A tutti piacerebbe vincere alla lotteria ma, purtroppo, accade molto di rado. In cambio di trasferimenti e prestiti cediamo all'Europa la possibilità di introdurre delle imposte. Perché la pressione resti inalterata servirà, ovviamente, ridurre delle tasse domestiche».

Quindi alla fine della giostra qual è il vantaggio in termini concreti?
«Gli 82 miliardi a fondo perduto valgono al netto 20-25, i 90 di prestiti 30-35».

Un bottino un po' modesto.
«Attenzione. Questo è un calcolo che presuppone la temporaneità dell'operazione. Ma se l'Ue dovesse decidere di andare avanti e rinnovare l'opzione, per l'Italia i vantaggi potrebbero essere notevolissimi. A patto che si percorra la strada europeista con determinazione e si metta in campo una seria politica di riequilibrio dei conti pubblici».

Veniamo ai contenuti. La Commissione ha vincolato la spesa a green economy, digitale, etc. Tutte priorità per il Nord. Si dice: è come fare un mutuo per una casa, ma la casa la sceglie la banca.
«Le banche fanno sempre una valutazione sul valore degli appartamenti che il cliente vuole comprare. Comunque, ripeto, soldi dal cielo non arrivano. E quell'agenda ci può essere molto utile. Penso al dissesto idrogeologico, alla messa in sicurezza del capitale umano, agli edifici scolastici. Può essere una grande occasione soprattutto per il Sud».

Ma tutto questo sopravviverà al braccio di ferro con i Paesi del Nord?
«Non mi preoccupano i Paesi frugali che si limiteranno a esigere un controllo sulla nostra spesa. Giustamente, aggiungerei, alla luce di come abbiamo speso e non speso i fondi europei in passato. Mi preoccupa di più l'Ungheria».

Chiudiamo sulle faccende di casa nostra. Come giudica l'operato del governo Conte?
«Bene nella fase iniziale ma, quando sono arrivate le misure economiche, ha mostrato tutti i suoi limiti. I vari decreti sono di efficacia piuttosto dubbia e sui tempi di applicazione preferisco tacere».

Dalla Gazzetta del Mezzogiorno, 30 maggio 2020