Angela Zoppo
Rassegna stampa
25 settembre 2021
Giù le mani dal gas
Dopo le misure d'urgenza il governo adesso studia correttivi salva-bollette. Il commento di Carlo Stagnaro
Il governo ha fatto «tutto quello che ha potuto, forse persino troppo» per compensare gli aumenti oltre ogni previsione delle bollette di luce e gas. Ma «non tutte le misure previste nel decreto approvato giovedì 23 dal cdm potranno diventare permanenti». Per esempio, un taglio dell'Iva mantenuto oltre l'emergenza (quella sui consumi di gas è stata ridotta dal 10-22% al 5%), potrebbe rivelarsi addirittura un boomerang.

L'analisi fuori dal coro è di Carlo Stagnaro, a capo del Dipartimento studi e ricerche dell'Istituto Bruno Leoni. «Ci sono due aspetti che vanno messi a fuoco, soprattutto in prospettiva, se i prezzi si mantenessero così alti a lungo. Il primo è l'entità della spesa rispetto all'impatto che si avrà in bolletta», spiega a MF-Milano Finanza. «Tra il decreto di luglio e quello appena approvato, il governo ha stanziato quasi 5 miliardi di euro in sei mesi. Il risultato sarà in media un risparmio tra i 70 e i 100 euro a trimestre nel conto di luce e gas, di cui beneficeranno tutte le famiglie e buona parte delle piccole imprese, anche quelle per le quali l'energia è solo una componente marginale dei costi. Meglio sarebbe stato spendere meno, con interventi mirati per categorie e fasce di reddito».

Il secondo punto è l'Iva, e il paradosso che potrebbe innescare: non a caso, è stata la misura più dibattuta, tra le pressioni della Lega e le resistenze del Mef. «Ridurla in modo permanente, significherebbe dare una falsa percezione ai consumatori, camuffando i rincari e facendo venire meno un freno al consumo responsabile. Sterilizzare artificialmente le dinamiche del mercato è sbagliato: se il prezzo sale, è bene che il consumatore se ne accorga». Promossa, invece, l'ipotesi di spostare almeno una parte degli oneri di sistema sulla fiscalità generale. «Questa misura, se strutturale, riduce il livello del costo dell'energia», osserva Stagnaro.

Sulle soluzioni di mercato per evitare stangate future, ci si accapiglia. Per aver aperto al nucleare di nuova generazione, per esempio, il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, è stato travolto dalle critiche. Altrettanto divisivo è il partito del gas, la commodity che ha visto i rincari più alti (il 50%) ma allo stesso tempo la sola che può accompagnare la transizione, in attesa che le rinnovabili si prendano davvero la scena. L'Autorità per l'energia ha citato il caso del Tap, il gasdotto (Snam 20%) attivo da fine 2020 che porta fino in Italia il gas azero.

Per il presidente, Stefano Besseghini, «il Tap ha dimostrato di essere uno strumento efficace per il contenimento del differenziale di prezzo (ha azzerato lo spread tra l'hub olandese Ttf e quello italiano Psv, ndr) e anche l'entrata in operatività del North Stream 2 avrà delle ripercussioni sulle dinamiche di prezzo che gli analisti ed i forward scontano a partire dal secondo trimestre del prossimo anno». Secondo Besseghini «la rilevanza della commodity in diversi settori hard to abate e il ruolo della generazione a gas come elemento di stabilizzazione della rete devono trovare una road map, non diversa da quella che fissa chiari obiettivi di penetrazione delle fonti rinnovabili e prospettare agli investitori e agli operatori del settore una evoluzione più chiara».

Per Stagnaro «ogni ragionamento, che sia sul gas o su altre fonti di energia, deve poggiare sullo sviluppo delle infrastrutture: servono reti veramente integrate a livello europeo, per superare il pregiudizio che la dimensione di riferimento per l'energia sia solo nazionale. In questo modo ogni fonte può concorrere al mix energetico nel modo più efficiente: il nucleare francese, che già alimenta i nostri consumi notturni, l'eolico offshore del mare del Nord, il fotovoltaico nell'Europa del Sud, il gas». E su quest'ultima commodity, si inciampa in una contraddizione: la domanda che sale, e la produzione domestica che scende. Non è nemmeno più un problema solo italiano: l'Olanda, per esempio, ha appena annunciato lo stop dal 2022 di Groningen, il giacimento super-giant di gas, operato da Shell ed Exxon attraverso la jv Nam.

Tornando ai problemi di casa, entro il 30 settembre si aspetta l'approvazione del Pitesai, il piano che individua le aree idonee, in terra e in mare, per l'esplorazione e la produzione di idrocarburi. Un rapporto del Mite mette in fila qualche numero in un documento depositato ai fini dell'approvazione della nuova Vas, la valutazione ambientale strategica, necessaria all'adozione del Pitesai. Nelle proiezioni del Mite, la produzione nazionale di petrolio e gas naturale nel periodo 2020-50 vede una lieve crescita fino al 2029, seguita da una significativa discesa a partire dal 2030-2031. In particolare, la caduta nella produzione di petrolio, è riconducibile all'esaurirsi delle attività, già pianificate e autorizzate.

«E’ evidente», si legge nel documento, «che un completo sfruttamento delle riserve presenti in Basilicata porterebbe probabilmente a livelli di produzione significativamente superiori e prolungati nel tempo». Anche considerano il declino che si registrerebbe tra 20 anni, lo studio stima i ricavi complessivi per il settore in circa 50,5 miliardi di euro. Ne deriverebbero benefici complessivi per lo Stato per oltre 14 miliardi di euro: Iva (3,7 miliardi di euro), royalty petrolio (3,2 miliardi di euro), royalty gas (324 milioni di euro), Ires (6,1 miliardi di euro) e Irap (30 milioni di euro). Considerando che dal 2031 la produzione di petrolio e di gas naturale in Italia andrà ad annullarsi, queste cifre sarebbero generate di fatto nel decennio 2020-30.

«Ai più estremisti tra i paladini dell'ambiente sfugge una cosa», sottolinea Stagnaro, «il gas d'importazione, e l'Italia ne importa tanto soprattutto dalla Russia, rischia di produrre perdite lungo il trasporto tanto maggiori quanto più lunga è la strada che deve percorrere, aumentando così le emissioni climalteranti. Quello dell'Adriatico è facile da estrarre, e una maggiore produzione nazionale potrebbe generare dei benefici sia economici, sia ambientali».

Da MF-Milano Finanza, 25 settembre 2021