Stefano Lepri
Rassegna stampa
30 maggio 2021
Franco Debenedetti: capitalisti, non vergognatevi del profitto
Obiettivo dell'impresa è seguire l'interesse degli azionisti. Altrimenti si apre la via a sprechi di risorse ovvero a commistioni con la politica
Una stranezza italiana è che si discuta aspramente di neoliberismo in un Paese che i suoi Reagan e Thatcher non li ha avuti mai (Silvio Berlusconi per un po' fece finta). La sinistra tende a dare del neoliberista a tutti gli avversari, compreso Matteo Salvini che proprio non c'entra. I neoliberisti veri, sapendo di essere pochi, reagiscono con vivacità all'assedio.

Franco Debenedetti, colto capitalista e manager, in passato aveva tentato di predicare alla sinistra le virtù del mercato, come senatore nelle liste del Pds dal 1994 al 2006; poi ha perso le speranze. Nel suo ultimo libro (Fare profitti. Etica dell'impresa, Marsilio, pp. 320, euro 18) se la prende soprattutto con i capitalisti, esortandoli a non vergognarsi del profitto.

Nel 2019 appunto gli amministratori delegati di 181 grandi società americane, tra cui JP Morgan, General Motors, Amazon, hanno sottoscritto un documento che corregge il principio del profitto prima di tutto, invitando a tener conto anche dell'ambiente e della dignità dei lavoratori.

Franco Debenedetti è di tutt'altro parere: resta fermo all'articolo del 1970 in cui Milton Friedman sosteneva che il miglior modo dell'impresa di essere utile alla società è di far soldi, servendo in modo esclusivo l'interesse degli azionisti. Altrimenti si apre la via a sprechi di risorse ovvero a commistioni con la politica.

Gli imprenditori che, in nome dell'«interesse nazionale», nel 2008 su invito di Berlusconi salvarono Alitalia, scrive, si attendevano favori governativi altrove. Le imprese vanno lasciate fare. Perfino il Big Tech, Google, Facebook eccetera, che Debenedetti difende da tutte le accuse: la piattaforma o il software che è comodo usare se tutti gli altri lo usano è «uno standard di mercato, non equivalente a una posizione dominante».

Qui si misura la distanza tra il neoliberismo all'americana tipo Friedman e il liberalismo europeo di Mario Monti o Margrethe Vestager, per cui la concorrenza è un bene in sé, e quei giganti possono soffocare l'innovazione comprando le imprese più piccole prima che li sfidino.

Nella difesa di un capitalismo senza vincoli Debenedetti se la prende anche con papa Francesco: l'enciclica Fratelli tutti gli rammenta la retorica di Robespierre. Ma forse la dichiarazione dei 181 è un segno dei tempi; e anche un neoliberista convinto come Glenn Hubbard, già consigliere capo di George Bush, annuncia una revisione in un libro che uscirà all'inizio del 2022: «Se Ronald Reagan fosse oggi con noi, non sarebbe lo stesso del 1980».

Da La Stampa, 30 maggio 2021