Fino a che punto è accettabile che la mano di un pubblico amministratore s’intrometta negli stili di vita delle persone?
Occorre giungere a un ridimensionamento dell’uso di tale strumento
Negli ultimi vent’anni, le politiche di sicurezza urbana e prevenzione della criminalità, finalizzate a contrastare la percezione di insicurezza dei cittadini, hanno assunto una portata sempre più ampia. Gli enti territoriali e, in particolare, i sindaci, ne sono divenuti i principali protagonisti: ma il potere – anche di fare del bene – può dare alla testa, ed è così esploso il numero di ordinanze emanate troppo spesso in modo incontrollato.
Come mostra Lucia Quaglino in questo eBook, molte di queste ordinanze hanno l’obiettivo di vietare taluni comportamenti che, a ben guardare, non vanno a vantaggio della sicurezza dei cittadini: il risultato è dunque quello di ridurne i margini di libertà senza arrecare alcun tipo di beneficio, come dimostrano diversi studi riportati nel testo. Eppure una ordinanza tira l’altra: risolvono pochi problemi, ma piacciono molto agli amministratori locali.
Il sospetto è che la motivazione di un generico “ordine pubblico” da garantire sia in realtà solo un pretesto per assecondare e compiacere umori e desideri dell’elettorato. Del resto, tali ordinanze sono spesso accomunate da una forte dose di paternalismo. Il potere nell’ambito della sicurezza urbana è così diventato un vero e proprio strumento di politica sociale, con obiettivi diversi da quelli dichiarati. Ma fino a che punto è accettabile che la mano di un pubblico amministratore s’intrometta negli stili di vita delle persone?
Per l’autrice, occorre giungere a un ridimensionamento dell’uso di tale strumento: meno divieti e più responsabilità individuale, perché non sia un soggetto terzo a compiere scelte che competono esclusivamente ai cittadini.
Recensioni e segnalazioni
Il Foglio, 28 maggio 2014: «
Dai No-gelato ai No-fumo, ecco la carica dei sindaci liberticidi» di Luciano Capone
L'intraprendente, 11 giugno 2014: «
Viaggio nel Paese dei divieti e della burocrazia. L’Italia» di Matteo Borghi