Fausto Carioti
Rassegna stampa
25 febbraio 2021
Spendiamo per Autostrade più che per gli antidoti
I 5 Stelle promettevano di espropriarla e ora ci ritroviamo a pagarla quasi 4 miliardi, oltre il doppio di quanto investito contro il Covid. A meno che Draghi...
C'è un'enorme incognita, in questa storia di Autostrade, e riguarda il livello di diabolicità dell'allievo dei gesuiti diventato presidente del Consiglio. Ne parliamo tra qualche riga.

La certezza, intanto, è che la Cassa depositi e prestiti, che fa capo al ministero dell'Economia e dunque allo stesso Mario Draghi (il ministro Daniele Franco è una sua emanazione), ha presentato un'offerta vincolante per l'acquisto di Autostrade per l'Italia, che 926 giorni dopo il crollo del viadotto Polcevera è ancora nelle mani di Atlantia, i cui primi azionisti sono sempre i Benetton.

Versione breve: lo Stato italiano, usando i soldi dei contribuenti, sta per comprare dalla famiglia trevigiana il gestore autostradale che i Cinque Stelle avevano promesso al popolo di espropriare a costo zero. Versione complottista: il direttore generale del Tesoro che il 2 giugno del 1992, sul panfilo Britannia, annunciò alla grande finanza inglese l'avvio delle privatizzazioni italiane, si dà ora alle statalizzazioni.

La cifra messa sul piatto da Cdp è pari a circa 9 miliardi di euro per l'intera Autostrade. Nel caso in cui a passare di mano fosse solo la quota controllata da Atlantia, pari all'88%, la spesa si ridurrebbe di un miliardo. Mettendo in conto che la Cassa depositi e prestiti non agisce da sola, ma in cordata con alcuni fondi d'investimento, alla fine dovrebbe staccare un assegno tra i 3,5 e i 4 miliardi.

C'è poco da festeggiare
Così ieri è stata giornata di tripudio tra i Cinque Stelle, per i quali «vent'anni di mancate manutenzioni e di gestione famelica di quei 2.900 chilometri esigono un cambiamento netto». Fosse così facile, non ci sarebbe bisogno di ricoprire d'oro i Benetton e i loro soci: le mancate manutenzioni sono condizione sufficiente per dichiarare chiusa la concessione e farsi risarcire i danni. Che poi è ciò che avevano promesso per mesi Luigi Di Maio e Danilo Toninelli, prima che il principio di realtà li travolgesse e li facesse ripiegare sul piano B: acquistare Autostrade dai Benetton facendola pagare a noi. Malgrado nel frattempo sia scoppiata la pandemia e il debito pubblico ammonti ormai a 43.291 euro per italiano (erano 40.406 prima del Covid). Arriviamo così a Draghi e alle sue promesse.

Per accontentare i grillini, come gli hanno ricordato gli economisti dell'Istituto Bruno Leoni, i contribuenti stanno per spendere una cifra molto più alta di quella stanziata per immunizzare dal virus l'intera popolazione nazionale. «L'approvvigionamento di circa 200 milioni di dosi di vaccini costerà al nostro Paese 1,5 miliardi di euro. Ha senso investire nel passaggio di proprietà della rete autostradale più del doppio di quello che spendiamo per i vaccini?». Bella domanda. A maggior ragione perché Draghi, presentando in Parlamento il programma del governo, ha assicurato che «il ruolo dello Stato e il perimetro dei suoi interventi», da adesso in poi, saranno «valutati con attenzione». E in agosto, al Meeting di Rimini, aveva fatto quel discorso così bello, sul «debito buono» e il «debito cattivo», che autorizzava a sperare in qualcosa di diverso.

Mossa diabolica?
A meno che, davvero, un cervello tanto sopraffino non abbia ordito un piano splendidamente diabolico. Perché ciò che è trapelato ieri dell'offerta non piace agli attuali proprietari di Autostrade: la valutazione è troppo bassa, proposte simili sono già state respinte nei mesi scorsi. Il fondo inglese Tci, secondo azionista di Atlantia, valuta Autostrade almeno 11 miliardi, 2 in più rispetto al valore attribuitole da Cdp e soci.

Anche il mercato non ha gradito: dopo una serie di sedute in crescendo, il titolo Atlantia è sceso in Borsa del 2%. Il consiglio d'amministrazione della "cassaforte" dei Benetton si riunirà domani e secondo le prime voci è difficile che accetti l'offerta della società controllata dal governo. Così il dubbio gira: e se lo scopo di Cdp, ossia del Tesoro e quindi di Draghi, sia proprio quello di ricevere un cortese rifiuto, che consentirebbe al premier di saldare la cambiale politica con i Cinque Stelle senza spendere un euro di denaro pubblico?

Da Libero, 25 febbraio 2021