Alberto Mingardi
Rassegna stampa
Ancora CasMez?
La voglia di enti straordinari non risanerà sanità, scuola e Sud
Oltre 200 miliardi, fra aiuti a fondo perduto e prestiti. Il bottino del Recovery Fund è ingente: ma sapremo impiegare i fondi? Come? Chi prenderà le decisioni? Molti suggeriscono di pensare a uno strumento «eccezionale». Commissioni, comitati, un ente dedicato: la pretesa sembrerebbe quella, sensata, di avere una sola cabina di regia. Lo snodo essenziale dovrebbe essere il Ciae, il Comitato interministeriale affari europei. C'è chi ha proposto di varare due commissione parlamentari, una alla Camera e una al Senato, che abbiano un ruolo «di indirizzo». Da più parti si invoca una nuova Cassa del Mezzogiorno. Altri immaginano una figura di Alto Commissario alla Ricostruzione, affiancato da un piccolo staff. Si tirano in ballo modelli altisonanti: come la Tennessee Valley Authority voluta da Roosevelt nel 1933, un simbolo del New Deal. L'ambizione, nemmeno velata, è di utilizzare un nuovo ente per allargare, attraverso il Recovery Fund, il perimetro delle attività dello Stato andando così a coprire nuove necessità. È davvero quello di cui abbiamo bisogno? Per molti ciò sarebbe necessario per migliorare la dotazione infrastrutturale del Paese. La Cassa del Mezzogiorno, nei suoi anni ruggenti, fece grosso modo questo. La «gloriosa» Tennessee Valley Authority era sì una straordinaria prova muscolare del presidente americano, ma trovava la sua ragion d'essere nella necessità di contenere le piene del fiume Tennessee, producendo energia idroelettrica. C'è un'equivalente, nell'Italia di oggi?
La divergenza
Il ministro De Micheli ha chiarito che i fondi del Recovery Fund andranno «per il 40% al Meridione». È vero che la divergenza fra Nord e Sud è per certi versi il problema del Paese: nelle regioni meridionali, il reddito pro capire resta, a quasi 160 anni dalla nascita del Regno d'Italia, la metà che al Nord. Ma forse è il caso di chiedersi che direbbero, i partner europei, di fondi che ci vengono assegnati per contrastare gli effetti della pandemia, e vengono instradati verso la parte del Paese dove la pandemia ha sortito (per fortuna) conseguenze già lievi.
Meglio allora un ente specifico, per interventi genuinamente «straordinari»? Vale la pena di ricordare che l'esempio del New Deal - lavori pubblici, stimolo fiscale, regole per indirizzare il settore privato in una direzione «sostenibile» – è quello di una ripresa lenta: il prodotto interno lordo americano tornò sui valori pre-recessione soltanto con l'entrata in guerra. Il tasso di disoccupazione, negli Usa, al 3,2% nel 1929, raggiunse il 25% nel 1933, scese un poco ma nel 1940 era comunque del 14,6%. Ci si affidi pure alla mano pubblica, ma non s'immagini che riuscirà a riportarci velocemente ai livelli di ricchezza pre-crisi.
Prima di fare di più, lo Stato dovrebbe fare meglio. Negli ultimi anni, l'inefficienza dei servizi pubblici è stata giustificata con ]'«austerità». È opinione diffusa nel ceto politico che la bassa qualità della spesa italiana sia dovuta al fatto che siamo, negli scorsi anni, andati al risparmio: il rigore dei conti avrebbe impedito di rinnovare il personale, investire in infrastrutture migliori, portare a termine i processi di digitalizzazione. Alcuni di noi erano e sono scettici sull'idea che ciò che manca allo Stato italiano siano le risorse. Ebbene, ci dimostrino che sbagliavamo.
Gli strumenti
Il Recovery Fund potrebbe essere la grande occasione non perché lo Stato comincia fare altre cose, ma perché si attrezzi per fare meglio quelle che già fa. Per questo non c'è bisogno di aggiungere nuovi strumenti alle amministrazioni: queste ultime, in prima linea, avranno idee chiare e ben definite su che cosa sia necessario fare. Nei giorni più caldi della pandemia, abbiamo sentito molte ipotesi sui problemi del nostro sistema sanitario nazionale nel fronteggiare l'epidemia: per esempio si sono lamentate le difficoltà della medicina del territorio e, più in generale, i tagli (rispetto all'andamento tendenziale, non in termini assoluti) che avrebbe subito la spesa per la sanità.
È ragionevole che in un Paese che sta ancora attraversando una pandemia non ci si sia posti il problema di aumentare il finanziamento alle borse di studio per le scuole di specialità? Se la pandemia ha segnalato delle debolezze nel rapporto fra medici di medicina generale e pazienti, non solo in termini di disponibilità di dispositivi di protezione ma anche rispetto alla qualità.della relazione fra gli uni e gli altri, perché non ragionare su strumenti (a cominciare dall'eternamente invocata telemedicina) che consentano di migliorarla?
Il problema della scuola non è solo quello della riapertura a settembre. Se nel 2019 il 35% degli studenti di terza media aveva difficoltà a comprendere un testo di italiano è difficile darne la colpa al Covid.
I tre gradi di giudizio di un processo civile in Italia assorbono otto anni, quattro volte il valore medio europeo. I due gradi di giudizio di un processo amministrativo prendono cinque anni, un processo penale «appena» tre anni e nove mesi. In un caso e nell'altro, siamo fra i Paesi peggiori dell'Unione europea.
Se allo Stato servono investimenti per migliorare la propria performance, questa è la grande occasione. Si parta di lì: sanità, scuola, giustizia. Le risorse per spendere finalmente «ci sono». Se serve, potranno essere usate anche per «compensare» in modo adeguato coloro che, nell'ambito della ristrutturazione di progetti e processi, perderanno il lavoro.
I meccanismi
Non sono riforme che vanno fatte per compiacere l'Europa, ma per dare agli italiani servizi finalmente all'altezza. L'impressione è che la politica trovi questa soluzione molto poco seducente. Cercare di migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione è meno gratificante che «salvare» aziende e interi comparti produttivi. Forse, indipendentemente dai quattrini europei, richiede anche qualche aggiustamento nei meccanismi di reclutamento e valutazione: l'una cosa e l'altra mettono a rischio preziosi serbatoi di consenso. Del resto, con tutti questi soldi a disposizione cosa può andar male?
C'è un errore concettuale: si pensa che avere molti quattrini a disposizione sia condizione necessaria e sufficiente per fare un buon investimento. «Se vuoi diventare un milionario, parti con un miliardo e lancia una linea aerea». La battuta è di Richard Branson, il fondatore della Virgin, che del tema aveva esperienza. Forse più di un ministro del Tesoro, se avesse avuto un briciolo dell'ironia di Sir Richard, avrebbe potuto farla sua.
Da Corriere della sera–Economia, 3 agosto 2020