Secondo Luca Ricolfi i paesi ricchi hanno perso la voglia di impegnarsi, lavorare e faticare per crescere.
Quella a cui tenta di rispondere Luca Ricolfi non è una semplice domanda, è la domanda: quali sono le determinanti della crescita economica?
"L`enigma della crescita" (Mondadori, pp. 263, euro 19) si concentra su un ambito volutamente limitato: le nazioni Ocse durante la più recente fase di espansione economica (19952007). Ricolfi sostanzialmente si colloca all`interno della letteratura sulla "crescita endogena" (che pure parzialmente rifiuta). A suo avviso contano cinque variabili. Quattro hanno un effetto positivo sullo sviluppo: migliore capitale umano, più investimenti diretti esteri, efficienza della Pubblica amministrazione, meno tasse. Una quinta "forza" spinge in senso contrario: il reddito medio di partenza. L`analisi dei dati rivela che si tratta del fattore singolarmente più importante. In altre parole, un paese che investa in formazione e istruzione, che sia in grado di attirare capitali, che abbia buone istituzioni e bassa pressione fiscale crescerà più rapidamente. Ma, a parità di altre condizioni, le società più ricche avranno tassi di crescita inferiori. Anche qui, niente di nuovo: tutte le tesi sulla convergenza poggiano su questa constatazione. La metodologia adottata da Ricolfi può essere discutibile (in particolare non è chiaro come abbia trattato l`endogeneità, che specialmente nel rapporto tra investimenti esteri e qualità delle istituzioni appare forte). A ogni modo i risultati sono abbastanza allineati col "consenso" della maggioranza degli economisti. Ricolfi non aderisce alle visioni "pessimistiche" secondo cui i paesi industrializzati hanno quasi esaurito la loro spinta verso l`aumento del reddito. Tuttavia, non nega le difficoltà. Lo studioso torinese utilizza la suggestiva immagine del "drago balena": lo sviluppo viene dal fuoco sprigionato dal drago. Man mano che cresce il reddito medio, aumenta la potenza del getto d`acqua emesso dal cetaceo, che finisce per spegnere il fuoco. La crescita, cioè, contiene i semi del suo stesso allentamento. Per contrastarlo servono interventi costanti, radicali e organici su tutte le quattro leve "positive".
Quali implicazioni per l`Italia? Il nostro paese appare ben descritto da un`altra metafora di Ricolfi, quella della "deriva signorile". Gli economisti generalmente spiegano la funzione anticrescita del reddito di partenza con la tecnologia: chi sta sulla frontiera tecnologica deve "scoprire" cose nuove. Questo è più difficile, lento e costoso che non semplicemente "copiare", come fanno le nazioni più arretrate. Per Ricolfi c`è di più: "Un elevato costo del lavoro, un alto livello di regolamentazione, un`ipertutela dei consumatori, una scarsa spinta al sacrificio e al miglioramento". In breve, i paesi ricchi - proprio come dei nobili che si siano seduti sulle proprie ricchezze e si ostinino a mantenere un tenore di vita ormai al di sopra delle loro possibilità - hanno perso la voglia di impegnarsi, lavorare e faticare per crescere.
L`unico modo di ritrovarla è mettere mano alle determinanti positive della crescita. Solo che gli interventi sul capitale umano e la qualità delle istituzioni pur necessari - sortiscono risultati solo nel medio-lungo termine. L`unico strumento per stimolare la crescita nell`immediato è una drastica riduzione delle tasse, in particolare quelle su lavoro e impresa. Ma, più in generale, l`Italia dovrebbe smettere di "fare l`Italia": abbandonare, cioè, quel vittimismo e fatalismo che "sono ormai parte del carattere nazionale". La stagnazione italiana non dipende (unicamente, né prevalentemente) da variabili esterne (l`euro, la globalizzazione, la Germania ...). Idem la ripresa. Molto di più dipende da noi: dalla nostra volontà e capacità di crescere.
Da
Il Foglio, 28 febbraio 2014
Twitter:
@CarloStagnaro